Le origini della tenuta Damiano affondano le loro radici “ufficiali” nel lontano 1968
allorquando Salvatore Damiano senior, in Sardo conosciuto come Foe e dal quale prende il nome uno dei vini proposti dall’azienda, decise di impiantare un piccolo vigneto che sarebbe poi divenuto il nucleo originario di quella che oggi è la tenuta gestita e lavorata dal figlio Pietro e dal nipote, Salvatore anche lui, ed al quale Pietro ha trasmesso la passione per la viticoltura, continuando così nel solco di quella tradizione familiare avviata mezzo secolo fa ed arrivata già alla terza generazione.
L’attività di viticoltore della famiglia Damiano però ha in realtà origini “informali” ben più antiche. È parte di quel retaggio culturale insito nella civiltà tradizionale contadina di un tempo, quella dove ancora la meccanizzazione era abbastanza semisconosciuta, dove il vigneto veniva lavorato a mano con la zappa ma anche con l’aratro trainato dal giogo di buoi di Michelino Scanu, nonno materno di Salvatore junior, attuale titolare della tenuta Damiano. Il vigneto, non certo enorme, non poteva essere l’unica fonte di reddito ma contribuiva comunque al bilancio famigliare. La vigna aveva anche una forte connotazione di natura sociale.
Il vino che Foe produceva veniva acquistato non solo dal singolo per il consumo domestico ma anche da chi doveva celebrare un evento importante che prevedeva degli invitati, come ad esempio un matrimonio o un battesimo. In altre occasioni poteva essere acquistato anche da gruppi di amici che si quotavano per acquistare il vino da gustare in compagnia in occasione di una cena, o per accompagnare il pranzo,o la merenda, preparata quale invito ai partecipanti alla tosatura di un gregge, giusto per citare qualche esempio. Il vino si regalava anche per rinsaldare i rapporti coi conoscenti e coi vicini, che a loro volta volta avrebbero ricambiato magari coi derivati della carne del maiale che si allevava per il fabbisogno famigliare.